15 settembre 2009

Cuore d'Italia


Questo pomeriggio mi sono soffermato a riflettere assieme ad un mio vicino di lavoro sul cambiamento della società italiana. Il tema era incentrato sui ricordi scolastici del libro "Cuore" di De Amicis. Nel libro si apre un breve ed intenso spaccato della società italiana dell'epoca (fine '800) attraverso la visione del non-mi-ricordo-più-come-si-chiama protagonista e dei suoi compagni di scuola. Una società patriarcale, rigida ma onesta in cui l'obbiettivo della vita non era arricchirsi a tutti i costi ma guadagnare il rispetto delle persone che ci circondavano, anche (e forse soprattutto) di quelle che non conosciamo.

Ripercorrendo a stralci il libro ci siamo imbattuti in uno dei "racconti del mese" e per la precisione quello della "piccola vedetta lombarda", in cui un ragazzino di non più di undici anni perde la vita per "amor di patria". "Racconto a dir poco assurdo" mi ha detto l'esimio collega della ditta accanto "ma figurati se un bambino di quell'età, mentre gli sparano addosso, continua, anche più intrepido, ad avanzare contro il nemico. Assurdo, no?"

Per un attimo ho esitato nel rispondere, confrontando i bambini di adesso con quella piccola vedetta. Ma poi ho ripensato ai miei nonni, alle persone che hanno vissuto quel periodo, a quelli che sono morti per un ideale e quelli che, alla fine, quell'ideale lo hanno piegato ai loro voleri e lo hanno schiacciato sotto la forza dei loro soldi, quell'ideale chiamato Italia unita. Mi sono arrabbiato contro di lui. Niente si serio, solo una piccola divergenza di opinioni fra "colleghi da caffè".

Il punto è che quel racconto, oltre ad essere propagandistico e retorico è un ricordo abbastanza chiaro del fatto che noi italiani non siamo sempre stati pecoroni e succubi di un potere più grande del nostro ma abbiamo anche cercato di migliorare la nostra condizione. Certo è che se pensiamo egoisticamente a salvare la pelle, non potremo neanche rischiare di trasformare questo paese nel famoso "Bel Paese" che tutto il mondo conosce e da cui troppo spesso gli italiani vengono privati.
Certo che 150 anni sono tanti ed un popolo è giusto che cambi, che si evolva in qualcosa di nuovo.


Ma credo che dobbiamo difendere le Libertà, che per noi hanno conquistato i nostri avi, in tutte le sue forme.

La Libertà di stampa, di espressione, di culto, etc, etc.

Se anche una di queste Libertà ci viene negata o ci viene ostacolata da forme più o meno celate di violenza (la censura la ritengo una forma di violenza intrinseca) credo che sia giusto prendere tutto quello di cui si dispone per potersi ribellare. Senza mai scendere, a nostra volta, sul piano della violenza.
Non sono nessuno per poter dire o suggerire cosa sia giusto fare, ma so che il non fare niente è sbagliato.

2 commenti:

  1. Sono d'accordo con te, non fare niente è come accodarsi...

    Persino De Amicis avrebbe reagito alla censura !

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  2. >giardigno65
    Grazie, a volte ho come l'impressione di essere l'unico a pensare certe cose...

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