17 ottobre 2011

Senza parole (o quasi)

Ho appena finito di ascoltare il tg delle 20.30, che un po' di tempo fa era sinonimo completezza e serietà, e sono rimasto sconvolto dalla notizia che ho sentito. Per sicurezza ho iniziato a fare il solito giro di agenzie di notizie per essere sicuro di aver capito bene e non farmi travisare da quella o quell'altra testata giornalistica. Ho trovato pace solo quando mi sono imbattuto nel sito di La Repubblica che al posto di travisabili parole ha lasciato l'audio originale di una conversazione telefonica che rappresentava in se la notizia shoccante.
Lo shock deriva non tanto da ciò che viene riportato nella telefonata in questione (anche se particolarmente pesante sia di tono che di contenuto) e neanche da chi erano i due interlocutori (comunque degni di nota), ma da tutto quello che una telefonata del genere rappresenta e nasconde in se.

Ma facciamo un po' di chiarezza e partiamo dal principio.

Sky tg 24 nell'edizione delle 20.30 (ma può benissimo essere prima) lancia la notizia che Berlusconi (attuale presidente del consiglio italiano) intercettato durante una telefonata con LaVitola (attuale criminale latitante) si lascia sfuggire delle affermazioni a dir poco inconvenienti contro la magistratura italiana in particolare e contro la sinistra in generale.
Il fatto è già di per se di una gravità inaudita, con parole scurrili Berlusconi si avvicina molto al vilipendio (che un capo di stato non dovrebbe permettersi mai con nessuno, figuriamoci poi con la propria magistratura) e La Repubblica si avvicina molto al reato penale divulgando intercettazioni che dovrebbero essere di uso esclusivo dei magistrati o di chi si occupa delle indagini.
Ma una domanda sorge spontanea, una di quelle innocenti che ti salgono subito in testa e svaniscono pian piano sapendo che è inutile porla, perché un capo di governo parla al telefono con un latitante?
Ascoltando la conversazione dalle vive voci di protagonisti si può intuire bene il perchè e se non lo avessi fatto la stessa domanda avrebbe avuto una risposta più semplice e sarebbe scivolata via senza troppo peso (un po' come la domanda "perchè quel giorno Ruby si trovava in questura?"), mi sarei detto semplicemente che erano amici di vecchia data (dei tempi di Craxi ex primo ministro e capo indiscusso del PSI per intenderci) e sarebbe finito tutto lì.
Purtroppo (o per fortuna) ho ascoltato dalla viva voce degli interessati ed il quadro che è venuto fuori è ben più agghiacciante, roba da lasciare senza parole (o quasi).

Dal tono si capisce benissimo che la telefonata è fatta da due interlocutori "amici" che si scambiano informazioni da tempo, ma la cosa veramente sconvolgente è "capire" (leggendo attentamente fra le righe) che chi comanda non è Berlusconi, ma Lavitola.
Durante l'intercettazione (reperibile facilmente sul sito di Repubblica.it) infatti si sente chiaramente Lavitola ordinare a Berlusconi (provato ed apparentemente stanco) di contattare Tremonti per fare questa cosa e dire a quell'altro di fare quell'altra cosa che se non gliela dice lui non la fa, relegando Berlusconi al ruolo di marionetta. Una sorta di burattino mediatico al quale far fare le figuracce ed addossare le colpe nel caso qualcosa vada storto. Il quale sentendosi al sicuro parlando con un amico si è lasciato ad uno sfogo inopportuno. Sfogo che assume nelle parole di Berlusconi una sorta di giustificazione verso il suo capo per le cose che non riesce a fare.

Di fatto con tutti i problemi che ha l'Italia un capro espiatorio servirebbe proprio. . . E chi meglio di un 75enne straricco e famoso con qualche debolezza carnale può fare al caso? Intendiamoci non giustifico in nessun modo i comportamenti e le esternazioni del premier, ma credo che ci sia una classe politica "nascosta" che sta muovendo le fila del teatrino della politica.

Roba da prima repubblica (come la definirebbe qualcuno) o da sistema mafioso stile Cosa Nostra (di cui non si parla più manco fosse stata debellata completamente. . . ).
Ma supponendo che la seconda non esista più, siamo veramente sicuri di esserci liberati della prima? Voglio dire i personaggi riappaiono ogni tanto come per magia, vedi il direttore dell'Avanti (PSI), un imprenditore famoso amico intimo di Craxi (PSI), il nostro caro presidente della repubblica (se non erro ex DC), etc, etc.

08 ottobre 2011

Guardando il cielo dell'Italia

Parlando del'Italia o degli italiani di luoghi comuni ne troviamo tantissimi, però ci sono alcuni dati di fatto che sono innegabili.
L'Italia è il paese con il più alto numero di patrimoni culturali, fra monumenti, opere d'arte, palazzi e scritti di qualsiasi genere. È anche uno dei paesi con il più vasto patrimonio naturalistico d'Europa e sicuramente il maggiore dal punto di vista di risorse naturali rinnovabili. Infine non dobbiamo scordarci che siamo fra le 8 maggiori potenze economiche del paese.
Con queste premesse chiunque guardando l'Italia da fuori non può che rimanerne affascinato, come il turista in centro storico che guardando tutto il tempo in alto verso le bellezze del nostro paese non si accorge del ladro che lo deruba.
Ultimamente anche noi italiani abbiamo iniziato a fare i "turisti". Ci crogioliamo, cioè, nella bellezza e nella ricchezza del nostro paese ostinandoci a guardare il mondo a testa alta, verso il cielo appunto, senza vedere dove mettiamo i piedi, e sempre più spesso i nostri piedi incontrano uno sporco di cui noi stessi siamo artefici.

Eppure progettiamo tante cose e le ultimiamo, ma non siamo capaci di mantenerle nel tempo od a volte non le ultimiamo neanche perchè ci "perdiamo" durante il cammino.

Forse l'errore che commettiamo più spesso è solo quello della "passione", cioè non riusciamo a trasmettere la passione che ci ha spinto a creare qualcosa od a provare a crearla a chi poi ne godrà appieno dei frutti od a chi se ne dovrà far carico affinchè possa perdurare nel tempo.

Non è un modo per scaricare le nostre responsabilità sulle generazioni future ma direi piuttosto un modo per renderle partecipi di ciò che è stato il presente dei nostri genitori, ciò che è il nostro presente e tentare di essere a nostra volta partecipi di ciò che sarà il loro futuro. Certo è che per poter conseguire questo progetto dobbiamo sforzarci di dare gli "strumenti" giusti a chi ci seguirà. E spero proprio che sia possibile.

la lenta trasformazione della normalità

È già un po' di tempo che mi gira in testa questa parola, normale. La sento sempre più spesso in televisione, alla radio, in giro, al lavoro, etc. Si ma cos'è? O meglio a cosa si riferisce quando viene accostata alla vita quotidiana od alla personalità di qualcuno? È vero dipende dai casi e non si può etichettare qualcosa o qualcuno con la parola normale senza inserire prima un contesto da usare come parametro. Facio qualche esempio giusto per chiarire; al ristorante non è normale trovare le bachette/bastoncini (ashi) a meno che non sia un ristorante asiatico. Non è normale fermarsi 5 volte durante il lavoro per pregare a meno che non si sia di fede mulsulmana. Non è normale uccidere qualcuno a meno che non si sia in guerra.
Mi sono accorto che alla fine bisogna trovare una giustificazione per rendere normale un azione.
Vale a dire che la normalità deve essere giustificata da qualcosa, un posto, una situazione, uno stato d'animo, una cultura, etc.
Ma a questo punto mi viene da pensare che la normalità non sia poi così normale se deve sempre essere giustificata.
E se invece non può essere giustificata? Voglio dire, come si può trovare una giustificazione alle continue morti sul posto di lavoro? Eppure ogni anno è normale sentire che ci sono stati più di mille morti solo perchè sono andati al lavoro... È normale sentire ogni giorno al telegiornale che c'è stato almeno un morto ammazzato, ma non riesco a trovare una giustificazione plausibile se non la frase più stupida che sia mai stata creata "nella società in cui viviamo è normale che succeda".

Per giustificare questa frase però devo assicurarmi che la società in questione sia normale a sua volta. Per far questo dovremo trovare come parametro una società ideale considerandola normale e rapportarla. Cosa assai difficile visto che vivendoci ed avendo la possibilità di cambiarla è logico pensare che la propria società sia quella normale, quella di riferimento per valutare le altre.
Mi chiedo invece se la società in cui viviamo non sia stata portata a credere che ciò che succede sia normale. Ma qui nasce un altro forte problema, come si fa a portare una società a credere questo? Diventa facile se usiamo un vecchio metodo, l'assuefazione. Un lento ma costante bombardamento mediatico ( e non) di immagini violente, scabrose od oscene. Dopo poco tempo, con le immagini violente della finzione, anche i delitti più atroci sembrano "normali" . Forse vi sembrerò bigotto o paranoico, ma se seguite il mio ragionamento vedrete che ha un senso logico.

Prendiamo ad esempio la serie fortunata di film "SAW" (quasi sicuramente partoriti da una mente a dir poco contorta), con quelle immagini nella testa ripensare ai delitti del Mostro di Firenze non fa più tanto orrore, sembrano quasi delitti normali.
Altro esempio, vedere continuamente vallette ( chiamate nei modi più bizzarri, da letterine a professoresse, etc) sempre scosciate, con i seni (ed a volte anche i deretani) in bella vista, fa apparire le lucciole di strada quasi ben vestite e sicuramente le ragazz(in)e con minigonne vertiginose e scollature da cui risulta difficile dover immaginare qualcosa risultano vestite normalmente...

Non so quando tutto questo è diventato normale, so solo che per me non lo è.

Forse sono io, non saprei valutarlo, ma credo che il degrado sia una sorta di veleno che preso a piccole dosi provoca assuefazione. Rischiamo solo di aumentarne la dose via via, fino all'inevitabile overdose...
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06 agosto 2011

Il ritorno improvviso

Avevo annunciato tanto tempo fa che non avrei aggiornato questo blog, sia per motivi di tempo materiale (di cui sono a corto), sia per motivi di oggettiva difficoltà a seguire un blog senza l'ausilio di un PC efficiente. Ora il mio PC mi ha abbandonato definitivamente (pace al chip suo) ma ho trovato nel mio nuovo cellulare un sostituto valido, anche se decisamente limitato. Per quanto riguarda il tempo invece ne sono sempre a corto e se non fosse stato per l'esortazione di un mio caro amico a riprendere a scrivere su questo blog dubito che mi sarei ricementato in questa piccola impresa.

A causa della piattaforma dalla quale scrivo, il format di questo blog vi apparirà un po' diverso, ne chiedo venia in anticipo, ma spero che comunque avrete la voglia e la pazienza di leggermi e seguirmi.

Non so se potrò aggiornare il blog con cadenza regolare, ma mi impegnerò a trovare un buchino nella mia giornata da poter dedicare alla stesura dei miei pensieri.


Un saluto a tutti, il vostro "ILLUSO" (^^)
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05 agosto 2011

22 marzo 2011

Catastrofe nella catastrofe

Era sera ormai e mi accingevo come al solito a tornare a casa. Le solite azioni di congedo dal lavoro. Il saluto con i colleghi. I soliti scherzi. Il badget che sfila veloce e poi... Mi inchiodo.
Al televisore della hall dell'aeroporto dove lavoro io stanno trasmettendo l'edizione straordinaria della PNN. Immagini di una catastrofe apocalittica. La mia mente stenta a mettere a fuoco, non capisco. Il suono non c'è e non posso capire dalla viva voce dello speaker cosa sta succedendo. Vedo di tutto. Macchine che volano a mezz'aria. Case che navigano su fiumi di melma. Corpi straziati che affiorano improvvisamente. Fuochi in lontananza. E poi un lampo improvviso che rende tutto il paesaggio ancora più spettrale.
Questo si. L'ho capito. Ho capito il fumo che si leva in lontananza con quella forma inequivocabile. E' successo ciò che non doveva succedere. E' successo l'irreparabile.

Appena mi "risveglio"dal mio torpore, cerco un responsabile della hall e gli chiedo di alzare il volume per poter sentire finalmente il suono di quella voce che dovrebbe confermare le mie paure. Anche se di conferme non ne ho davvero bisogno. I miei occhi confermano ciò che la mia mente non vuole accettare. L'orrore.

Nello stesso momento in cui chiedo quel semplice favore al responsabile della hall, dagli arrivi inizia ad uscire il primo capannello di persone. Sono stremati. I visi sconvolti dalla fatica e provati dal viaggio. Ad alcuni di loro scappa un sorriso malinconico. Qualcuno vedendo i famigliari inizia a piangere. Alcuni si abbracciano. Altri accorgendosi della tv si fermano anche loro a guardare inorriditi. Altri ancora senza neanche alzare lo sguardo da terra filano via spediti per guadagnare l'uscita.

Poi improvvisamente mi balena per la testa che quei passeggeri potrebbero aver portato con se un carico di morte. Ignari delle proprie azioni, potrebbero essere loro il pericolo più grave per me e per la città, in questo momento. Non lo posso ignorare. Non posso far uscire nessuno da qui finché non vi è la certezza che non ci sono rischi di nessun genere. Ignoro il responsabile della hall e scatto via ai pannelli d'emergenza. Con un rapido gesto faccio scattare l'allarme quarantena. L'aeroporto s'irrigidisce di colpo. I cancelli chiusi. Le porte sbarrate. La sirena che fischia copre qualsiasi suono. Nessuno può entrare. Nessuno è uscito. Nessuno può lasciare l'aeroporto. Mi sento quasi un eroe.

Dopo pochi secondi la sirena smette di urlare. Una voce al microfono spiega ai passeggeri attoniti che è scattato l'allarme quarantena e che dovremo aspettare l'arrivo di una squadra medica speciale. Spiega anche che si tratta di una normale procedura di controllo. Spiega che non c'è bisogno di creare il panico. Dovremmo attendere parecchio, sembra che ci siano imprevisti sulla strada per arrivare in aeroporto. Forse dovremo aspettare delle ore... Pazienza per la salute questo ed altro.

Osservo un gruppo di ragazzi che nonostante tutto continuano a scherzare. Sento le loro voci e le loro risate fuori luogo. Mi avvicino a loro. Devo chiedergli un po' di contegno per la situazione. Rispetto per gli altri passeggeri.

Poi sento uno di loro che dice agli altri: Sembra che ci toccherà aspettare qui almeno due ore, bhè almeno non ci annoieremo, guardate, in tv stanno passando l'ultimo film di Serpentino "Catastrofe nella catastrofe". Infatti sullo schermo che osservavo prima, iniziano a sfilare i titoli di testa del film. "CATASTROFE NELLA CATASTROFE" e poi "A FILM BY SERPENTINO" "TANKS TO PNN FOR LOCATION".

Oooops.


Dedicato a quei "giornalisti" che prima di mettere in moto la penna si "scordano" di accendere il cervello.

I fatti e gli avvenimenti qui sopra descritti sono frutto della fantasia dell'autore. Ogni riferimento a cose o persone realmente esistite è da ritenersi puramente casuale. ©BxtarD

13 marzo 2011

11-03-11 Magnitudo 9.0

Un altro post, anche se avevo detto nel precedente che non avrei più scritto se non per rispondere a chi avesse voluto commentare...

Oggi è domenica e mi appresto ad andare a letto. Sono stanco mentalmente. Ho passato gli ultimi tre giorni ad aiutare mia moglie a condividere informazioni sui social network. E' stato un lavoro estenuante, soprattutto per lei. Ma credo sia bene iniziare dall'inizio.

Giovedì scorso 10 marzo 2011 tornato a casa dopo il lavoro io e mia moglie, come tutte le coppie che si rispettano abbiamo cenato insieme e dopo ci siamo dedicati al nostro "hobby" preferito, o meglio io mi sono dedicato al mio hobby e lei ha continuato il suo lavoro. Il mio hobby preferito è giocare e/o spulciare su facebook in cerca di qualche link carino o qualche idea simpatica da intraprendere. Giovedì invece mi sono imbattuto in un post di una nostra amica italiana che si è trasferita a Tokyo da poco e che si "lamentava" abbastanza leggermente di una scossa di terremoto di magnitudo 6 circa avvertita lì dove abita. Ho subito riportato questa "notizia" a mia moglie e da lì è nato un piccolo diverbio. Il fatto era che noi italiani non essendo abituati e preparati ai terremoti ci spaventiamo troppo facilmente per una cosa che in Giappone avviene mediamente ogni 5 minuti. Dopo aver appianato la cosa e capito il punto di vista nipponico sui movimenti tellurici siamo andati a letto e abbiamo dormito tranquillamente.

La mattina dopo, venerdì 11 marzo 2011, mi sono svegliato tranquillamente come al solito alle 7 ed aspettando che il caffè facesse capolino dalla moka mi sono messo a spulciare ancora un po' FB. La notizia del momento era che un nostro amico giapponese stava tornando finalmente a casa "con le sue gambe".

La cosa mi ha stupito, visto che laggiù erano appena le 15 e che era troppo presto per una sbronza. Il pensiero è subito corso al terremoto del giorno prima (della mattina visto il fuso orario), ma anche in questo caso le cose non tornavano. Un giapponese non si spaventa per un 6.0 e sopratutto la città intorno a lui non smette di funzionare se non per i pochi minuti del sisma.
C'erano insomma un po' troppe incongruenze e la cosa andava approfondita, ma soprattutto io dovevo andare a lavorare prima di perdere il posto per assenteismo...

Arrivato sul posto di lavoro, dopo una visita ad un cliente, ho ricevuto la telefonata di una nostra amica che aveva visto al tg cosa era successo. Entrato in ditta, ancora più allarmato, verso le 9.30 riesco a raggiungere la postazione internet e spulciare altri post su FB. Ciò che ho trovato era molto preoccupante. Di corsa ho aperto tutti i siti d'informazione che conosco e mi sono trovato davanti l'apocalisse.

Terremoto Magnitudo 8.8 (poi rivisto a 9.0) poco lontano dalle coste del Giappone e tsunami con onde fino a 10 mt.

Non sapevo se telefonare a mia moglie per svegliarla, non sapevo cosa fare, avrei voluto telefonare immediatamente in Giappone ma mi rendevo conto che in situazioni del genere i telefoni è meglio lasciarli liberi per chi ha più bisogno. Ho continuato a guardare inerte il Tg.

Poco dopo ricevo una chat da mia moglie, si era svegliata ed allarmata da ciò che aveva letto su twitter aveva iniziato a guardare il tg anche lei.

Quando a fine sera sono tornato a casa, l'ho trovata sconvolta che twittava e contemporaneamente mandava messaggi con Skype. Quando mi ha visto, ancora shockata fra la commozione e l'impotenza mi ha chiesto scusa per "non aver lavorato" ai suoi progetti. Così dopo che l'ho forzata a mangiare qualcosa, insieme abbiamo iniziato a messaggiare tutte le informazioni che riuscivamo a trovare traducendole dove possibile. Ascoltavamo alternativamente i Tg in giapponese, inglese ed italiano e prendevamo più notizie possibili da alcuni siti di riferimento. Non so se abbiamo realmente reso un servizio a qualcuno, ma ci è sembrata, alla distanza di più di 9000 km dall'accaduto, l'unica cosa che potevamo fare. Lei ha continuato fino alle 3 o 4 di notte questo servizio e poi è crollata. Il giorno dopo, sabato, dalle 9 abbiamo ripreso il "lavoro".
Ho tentato di fare le cose che c'erano da fare a casa da solo, visto la sua caparbietà nell'operare su internet.Abbiamo continuato così fino ad adesso.

Abbiamo ancora tutte le immagini del disastro che ci scorrono davanti. Il suono dei lamenti sommessi provenienti dalla popolazione piegata dallo tsunami. L'incessante allarme delle sirene anti-tsunami ed il continuo bip-bip dalla televisione giapponese che ci avverte di un'altra scossa. Ogni volta guardiamo spaventati, ogni volta ci costringiamo a guardare, ogni volta speriamo di non sentirlo più, ma ormai è dentro di noi e anche se sappiamo che è solo il replay di ciò che abbiamo già visto lo riguardiamo per sicurezza di non aver perso niente la prima.

Come dicevo prima è un lavoro estenuante, siamo stanchissimi. Ma nessuno di noi due si vuole veramente riposare, per paura di crollare. Anche adesso che le notizie non si susseguono come all'inizio, che ormai ci sono poche cose ancora da raccontare e che la situazione sta andando verso la stabilità, non vogliamo distogliere lo sguardo, non vogliamo rifiutare di dare una mano, per quanto piccola possa essere.

La verità, forse, è che ci sentiamo in colpa. Amiamo quel paese, lo conosciamo bene, sappiamo come muoverci, ma siamo qui in Italia e non possiamo andare a abbracciare nessuno. Non possiamo sussurrare all'orecchio di nessuno parole confortanti. Non possiamo scaldare col nostro calore il cuore di nessuno dei nostri cari che sono lì.

Ci sentiamo impotenti ma fortunati. E' questa la nostra colpa.