03 aprile 2012

Hanami

E siamo finalmente ad aprile... Si, l'inverno è finito e davanti a noi si aprono solo giornate sempre più lunghe e soleggiate (almeno si spera). Domenica scorsa siamo finalmente usciti di casa (finalmente perchè mi sembra un secolo dall'ultima volta che abbiamo fatto una passeggiata) e siamo andati in un giardino qui vicino. Niente di che, semplicemente una passeggiatina di non più di un ora in un parchettino di una villa aperto al pubblico.

Come da copione, vista la giornata solare ed invitante, c'erano tanti ragazzi (anche se meno di quanto mi aspettassi) che giocavano o prendevano il sole, alla faccia di facebook e del pc in generale.

Girellando per quel giardino suddiviso a sua volta in altri giardini ci siamo soffermati a fare un po' di foto alla natura, ai fiori ed agli alberi che ci circondavano. Senza una meta precisa girogavamo con le nostre macchine fotografiche cariche ed assetate di "luce".

Improvvisamente in un angolo abbiamo scorto un albero di ciliegio in fiore, poi un altro e poi un altro ancora. La nostra mente è subito partita e già ci vedevamo l'anno successivo in quel posto a fare un pic-nic sotto quei tre alberi di ciliegio assaporando la primavera che incalzava e godendo la natura che ci circondava. Facendo "hanami" appunto. Di colpo ci siamo sentiti più "leggeri" e felici, è bastata solo quell'immagine e subito ci è cambiata la giornata.

A volte la felicità si trova a pochi passi da noi, nascosta dietro un cespuglio, basta saper guardare per tirarla fuori.

11 marzo 2012

Ricordi fotografici

Ebbene si, sono "caduto" anche io nel fascino della fotografia. Non vi spaventate però, non sarà questo un post dove dovrete sorbirvi termini tecnici fotografici di cui riusciamo (me compreso) a stento a capirne il significato.

Come ho scritto nel titolo, per me questa "avventura" affascinante è più un modo per immergermi nella nostalgia, nel ricordo di un tempo che fu.
Infatti nonostante siamo nel secolo della tecnologia informatica, ho rispolverato (nel vero senso della parola) la vecchia macchina fotografica di mio padre (una Z3NHT ET) made in u.r.s.s. giusto per intenderci quanto vecchia. Anche per poter "stare insieme" a mio padre con un hobby comune.

Ovviamente appena l'ho presa in mano non sapevo neanche come "accenderla" (infatti non si accende. . . ) e delle 24 pose che ho scattato nel giro di circa due mesi è venuta fuori solo una foto. Avrei dovuto fare due conti matematici ed arrendermi subito, invece ho dato retta al cuore. Al cuore si, perchè quell'unico scatto buono che ho fatto, non solo era visibile (le altre sono venute TUTTE nere od al massimo grigie), ma era esattamente ciò che volevo scattare. La luce giusta, i colori giusti, il soggetto giusto. Insomma la foto giusta. Ci sarebbe da chiedersi se una sola foto vale la spesa di un intero rullino, ma questo è un altro discorso credo.

Certo, continuavo a non saper scattare e quindi grazie alle conoscenze di mia moglie ho incontrato quello che poi è diventato un grande amico, Salvatore (qui il suo blog sulla fotografia http://cameraoscuravirtuale.blogspot.com) che mi ha spiegato a cosa servivano tutti quei "tastini" vicino al tasto dello scatto e qualche altro "trucchetto" in più per far sì che da quella scatolina di metallo nero (con il quale mi dicono che costruivano anche i famosi carri armati russi) uscissero un po' più di una o due foto :P

In verità Salvatore, che non smetterò mai di ringraziare per la pazienza ed i consigli che mi ha dato, è un fotografo ed un insegnante magistrale che sa tirare fuori dalla sua macchina esattamente ciò che vuole, imprimendo nello scatto il suo personale tocco artistico.

Grazie all'incontro con Salvatore (ma anche grazie a Dario, un amico di Salvatore, che mi ha dato altri preziosi consigli) ho comprato altri rullini ed ho iniziato a scattare con mooolta parsimonia (e un po' di timore reverenziale verso quell'oggetto che tenevo in mano).
Parsimonia perchè scattare in "vecchio stile" ha un costo esorbitante. Non solo al momento dell'acquisto della pellicola ma soprattutto al momento dello sviluppo.
E timore reverenziale perchè, primo, ancora non mi sento "sicuro" di ciò che faccio e, secondo, perchè è comunque un oggetto che ha vissuto una sua vita molto prima che nascessi, fra le mani di quell'appassionato di foto che era mio padre (anche se artisticamente parlando proprio negato).

Devo dire però che questa combinazione di "doppio costo" offre due vantaggi rispetto al digitale "scatta e getta" o "scatta e scorda". L'aver pagato per poter scattare ti mette nella condizione mentale che non puoi buttar via soldi inutilmente. Il che è un freno allo "scatto selvaggio" e offre un occasione in più per PENSARE a ciò che si sta facendo. Il che porta inevitabilmente ad un aumento della "qualità" dello scatto a dispetto della quantità.

Il secondo vantaggio (che molti vedono come uno svantaggio assoluto ed invalicabile) è che fino al momento dello sviluppo non si può vedere il risultato ottenuto. Questo "svantaggio" porta ad un unica soluzione, scattare di più, finire al più presto il rullino che si ha in macchina.

Va da se che i due vantaggi sembrano in contrasto fra di se, uno ti "frena" nello scattare e l'altro ti "stimola" a  scattare. Quello che ho notato è che il cervello  assimila questi due parametri e trova la giusta via di mezzo in automatico. Individua, cioè, con maggior senso critico ciò che è da immortalare e cosa no.

Nella mia fase di sperimentazione, infatti, ho iniziato automaticamente a "capire" che tale soggetto era interessante, tale invece poco interessante e tale assolutamente da immortalare. Ho già "buttato" via quasi tre rullini, ma i risultati si stanno facendo vedere. E di 48 scatti mi sono già usciti tutti e 48 di cui più della metà sono esattamemte ciò che volevo fare (anche se non definirei artistici più di 3 o 4 scatti). Bhè, lo so, sono ancora lontano dall'essere minimamente chiamato o catalogato come fotografo, ma questo non mi interessa. Mi interessa poter "vivere" queste sensazioni, magari in compagnia di un esperta come mia moglie. E, che ne so, magari un giorno poter "spiegare" a mia volta a mio figlio come si scatta e fare ciò che non ho potuto realizzare con mio padre.

Adesso non vedo l'ora di andare in stampa con le ultime 36 in bianco e nero (il che vuol dire finire il rullino) per poi dedicarmi al colore (^^)v

17 ottobre 2011

Senza parole (o quasi)

Ho appena finito di ascoltare il tg delle 20.30, che un po' di tempo fa era sinonimo completezza e serietà, e sono rimasto sconvolto dalla notizia che ho sentito. Per sicurezza ho iniziato a fare il solito giro di agenzie di notizie per essere sicuro di aver capito bene e non farmi travisare da quella o quell'altra testata giornalistica. Ho trovato pace solo quando mi sono imbattuto nel sito di La Repubblica che al posto di travisabili parole ha lasciato l'audio originale di una conversazione telefonica che rappresentava in se la notizia shoccante.
Lo shock deriva non tanto da ciò che viene riportato nella telefonata in questione (anche se particolarmente pesante sia di tono che di contenuto) e neanche da chi erano i due interlocutori (comunque degni di nota), ma da tutto quello che una telefonata del genere rappresenta e nasconde in se.

Ma facciamo un po' di chiarezza e partiamo dal principio.

Sky tg 24 nell'edizione delle 20.30 (ma può benissimo essere prima) lancia la notizia che Berlusconi (attuale presidente del consiglio italiano) intercettato durante una telefonata con LaVitola (attuale criminale latitante) si lascia sfuggire delle affermazioni a dir poco inconvenienti contro la magistratura italiana in particolare e contro la sinistra in generale.
Il fatto è già di per se di una gravità inaudita, con parole scurrili Berlusconi si avvicina molto al vilipendio (che un capo di stato non dovrebbe permettersi mai con nessuno, figuriamoci poi con la propria magistratura) e La Repubblica si avvicina molto al reato penale divulgando intercettazioni che dovrebbero essere di uso esclusivo dei magistrati o di chi si occupa delle indagini.
Ma una domanda sorge spontanea, una di quelle innocenti che ti salgono subito in testa e svaniscono pian piano sapendo che è inutile porla, perché un capo di governo parla al telefono con un latitante?
Ascoltando la conversazione dalle vive voci di protagonisti si può intuire bene il perchè e se non lo avessi fatto la stessa domanda avrebbe avuto una risposta più semplice e sarebbe scivolata via senza troppo peso (un po' come la domanda "perchè quel giorno Ruby si trovava in questura?"), mi sarei detto semplicemente che erano amici di vecchia data (dei tempi di Craxi ex primo ministro e capo indiscusso del PSI per intenderci) e sarebbe finito tutto lì.
Purtroppo (o per fortuna) ho ascoltato dalla viva voce degli interessati ed il quadro che è venuto fuori è ben più agghiacciante, roba da lasciare senza parole (o quasi).

Dal tono si capisce benissimo che la telefonata è fatta da due interlocutori "amici" che si scambiano informazioni da tempo, ma la cosa veramente sconvolgente è "capire" (leggendo attentamente fra le righe) che chi comanda non è Berlusconi, ma Lavitola.
Durante l'intercettazione (reperibile facilmente sul sito di Repubblica.it) infatti si sente chiaramente Lavitola ordinare a Berlusconi (provato ed apparentemente stanco) di contattare Tremonti per fare questa cosa e dire a quell'altro di fare quell'altra cosa che se non gliela dice lui non la fa, relegando Berlusconi al ruolo di marionetta. Una sorta di burattino mediatico al quale far fare le figuracce ed addossare le colpe nel caso qualcosa vada storto. Il quale sentendosi al sicuro parlando con un amico si è lasciato ad uno sfogo inopportuno. Sfogo che assume nelle parole di Berlusconi una sorta di giustificazione verso il suo capo per le cose che non riesce a fare.

Di fatto con tutti i problemi che ha l'Italia un capro espiatorio servirebbe proprio. . . E chi meglio di un 75enne straricco e famoso con qualche debolezza carnale può fare al caso? Intendiamoci non giustifico in nessun modo i comportamenti e le esternazioni del premier, ma credo che ci sia una classe politica "nascosta" che sta muovendo le fila del teatrino della politica.

Roba da prima repubblica (come la definirebbe qualcuno) o da sistema mafioso stile Cosa Nostra (di cui non si parla più manco fosse stata debellata completamente. . . ).
Ma supponendo che la seconda non esista più, siamo veramente sicuri di esserci liberati della prima? Voglio dire i personaggi riappaiono ogni tanto come per magia, vedi il direttore dell'Avanti (PSI), un imprenditore famoso amico intimo di Craxi (PSI), il nostro caro presidente della repubblica (se non erro ex DC), etc, etc.

08 ottobre 2011

Guardando il cielo dell'Italia

Parlando del'Italia o degli italiani di luoghi comuni ne troviamo tantissimi, però ci sono alcuni dati di fatto che sono innegabili.
L'Italia è il paese con il più alto numero di patrimoni culturali, fra monumenti, opere d'arte, palazzi e scritti di qualsiasi genere. È anche uno dei paesi con il più vasto patrimonio naturalistico d'Europa e sicuramente il maggiore dal punto di vista di risorse naturali rinnovabili. Infine non dobbiamo scordarci che siamo fra le 8 maggiori potenze economiche del paese.
Con queste premesse chiunque guardando l'Italia da fuori non può che rimanerne affascinato, come il turista in centro storico che guardando tutto il tempo in alto verso le bellezze del nostro paese non si accorge del ladro che lo deruba.
Ultimamente anche noi italiani abbiamo iniziato a fare i "turisti". Ci crogioliamo, cioè, nella bellezza e nella ricchezza del nostro paese ostinandoci a guardare il mondo a testa alta, verso il cielo appunto, senza vedere dove mettiamo i piedi, e sempre più spesso i nostri piedi incontrano uno sporco di cui noi stessi siamo artefici.

Eppure progettiamo tante cose e le ultimiamo, ma non siamo capaci di mantenerle nel tempo od a volte non le ultimiamo neanche perchè ci "perdiamo" durante il cammino.

Forse l'errore che commettiamo più spesso è solo quello della "passione", cioè non riusciamo a trasmettere la passione che ci ha spinto a creare qualcosa od a provare a crearla a chi poi ne godrà appieno dei frutti od a chi se ne dovrà far carico affinchè possa perdurare nel tempo.

Non è un modo per scaricare le nostre responsabilità sulle generazioni future ma direi piuttosto un modo per renderle partecipi di ciò che è stato il presente dei nostri genitori, ciò che è il nostro presente e tentare di essere a nostra volta partecipi di ciò che sarà il loro futuro. Certo è che per poter conseguire questo progetto dobbiamo sforzarci di dare gli "strumenti" giusti a chi ci seguirà. E spero proprio che sia possibile.

la lenta trasformazione della normalità

È già un po' di tempo che mi gira in testa questa parola, normale. La sento sempre più spesso in televisione, alla radio, in giro, al lavoro, etc. Si ma cos'è? O meglio a cosa si riferisce quando viene accostata alla vita quotidiana od alla personalità di qualcuno? È vero dipende dai casi e non si può etichettare qualcosa o qualcuno con la parola normale senza inserire prima un contesto da usare come parametro. Facio qualche esempio giusto per chiarire; al ristorante non è normale trovare le bachette/bastoncini (ashi) a meno che non sia un ristorante asiatico. Non è normale fermarsi 5 volte durante il lavoro per pregare a meno che non si sia di fede mulsulmana. Non è normale uccidere qualcuno a meno che non si sia in guerra.
Mi sono accorto che alla fine bisogna trovare una giustificazione per rendere normale un azione.
Vale a dire che la normalità deve essere giustificata da qualcosa, un posto, una situazione, uno stato d'animo, una cultura, etc.
Ma a questo punto mi viene da pensare che la normalità non sia poi così normale se deve sempre essere giustificata.
E se invece non può essere giustificata? Voglio dire, come si può trovare una giustificazione alle continue morti sul posto di lavoro? Eppure ogni anno è normale sentire che ci sono stati più di mille morti solo perchè sono andati al lavoro... È normale sentire ogni giorno al telegiornale che c'è stato almeno un morto ammazzato, ma non riesco a trovare una giustificazione plausibile se non la frase più stupida che sia mai stata creata "nella società in cui viviamo è normale che succeda".

Per giustificare questa frase però devo assicurarmi che la società in questione sia normale a sua volta. Per far questo dovremo trovare come parametro una società ideale considerandola normale e rapportarla. Cosa assai difficile visto che vivendoci ed avendo la possibilità di cambiarla è logico pensare che la propria società sia quella normale, quella di riferimento per valutare le altre.
Mi chiedo invece se la società in cui viviamo non sia stata portata a credere che ciò che succede sia normale. Ma qui nasce un altro forte problema, come si fa a portare una società a credere questo? Diventa facile se usiamo un vecchio metodo, l'assuefazione. Un lento ma costante bombardamento mediatico ( e non) di immagini violente, scabrose od oscene. Dopo poco tempo, con le immagini violente della finzione, anche i delitti più atroci sembrano "normali" . Forse vi sembrerò bigotto o paranoico, ma se seguite il mio ragionamento vedrete che ha un senso logico.

Prendiamo ad esempio la serie fortunata di film "SAW" (quasi sicuramente partoriti da una mente a dir poco contorta), con quelle immagini nella testa ripensare ai delitti del Mostro di Firenze non fa più tanto orrore, sembrano quasi delitti normali.
Altro esempio, vedere continuamente vallette ( chiamate nei modi più bizzarri, da letterine a professoresse, etc) sempre scosciate, con i seni (ed a volte anche i deretani) in bella vista, fa apparire le lucciole di strada quasi ben vestite e sicuramente le ragazz(in)e con minigonne vertiginose e scollature da cui risulta difficile dover immaginare qualcosa risultano vestite normalmente...

Non so quando tutto questo è diventato normale, so solo che per me non lo è.

Forse sono io, non saprei valutarlo, ma credo che il degrado sia una sorta di veleno che preso a piccole dosi provoca assuefazione. Rischiamo solo di aumentarne la dose via via, fino all'inevitabile overdose...
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06 agosto 2011

Il ritorno improvviso

Avevo annunciato tanto tempo fa che non avrei aggiornato questo blog, sia per motivi di tempo materiale (di cui sono a corto), sia per motivi di oggettiva difficoltà a seguire un blog senza l'ausilio di un PC efficiente. Ora il mio PC mi ha abbandonato definitivamente (pace al chip suo) ma ho trovato nel mio nuovo cellulare un sostituto valido, anche se decisamente limitato. Per quanto riguarda il tempo invece ne sono sempre a corto e se non fosse stato per l'esortazione di un mio caro amico a riprendere a scrivere su questo blog dubito che mi sarei ricementato in questa piccola impresa.

A causa della piattaforma dalla quale scrivo, il format di questo blog vi apparirà un po' diverso, ne chiedo venia in anticipo, ma spero che comunque avrete la voglia e la pazienza di leggermi e seguirmi.

Non so se potrò aggiornare il blog con cadenza regolare, ma mi impegnerò a trovare un buchino nella mia giornata da poter dedicare alla stesura dei miei pensieri.


Un saluto a tutti, il vostro "ILLUSO" (^^)
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05 agosto 2011