13 marzo 2011

11-03-11 Magnitudo 9.0

Un altro post, anche se avevo detto nel precedente che non avrei più scritto se non per rispondere a chi avesse voluto commentare...

Oggi è domenica e mi appresto ad andare a letto. Sono stanco mentalmente. Ho passato gli ultimi tre giorni ad aiutare mia moglie a condividere informazioni sui social network. E' stato un lavoro estenuante, soprattutto per lei. Ma credo sia bene iniziare dall'inizio.

Giovedì scorso 10 marzo 2011 tornato a casa dopo il lavoro io e mia moglie, come tutte le coppie che si rispettano abbiamo cenato insieme e dopo ci siamo dedicati al nostro "hobby" preferito, o meglio io mi sono dedicato al mio hobby e lei ha continuato il suo lavoro. Il mio hobby preferito è giocare e/o spulciare su facebook in cerca di qualche link carino o qualche idea simpatica da intraprendere. Giovedì invece mi sono imbattuto in un post di una nostra amica italiana che si è trasferita a Tokyo da poco e che si "lamentava" abbastanza leggermente di una scossa di terremoto di magnitudo 6 circa avvertita lì dove abita. Ho subito riportato questa "notizia" a mia moglie e da lì è nato un piccolo diverbio. Il fatto era che noi italiani non essendo abituati e preparati ai terremoti ci spaventiamo troppo facilmente per una cosa che in Giappone avviene mediamente ogni 5 minuti. Dopo aver appianato la cosa e capito il punto di vista nipponico sui movimenti tellurici siamo andati a letto e abbiamo dormito tranquillamente.

La mattina dopo, venerdì 11 marzo 2011, mi sono svegliato tranquillamente come al solito alle 7 ed aspettando che il caffè facesse capolino dalla moka mi sono messo a spulciare ancora un po' FB. La notizia del momento era che un nostro amico giapponese stava tornando finalmente a casa "con le sue gambe".

La cosa mi ha stupito, visto che laggiù erano appena le 15 e che era troppo presto per una sbronza. Il pensiero è subito corso al terremoto del giorno prima (della mattina visto il fuso orario), ma anche in questo caso le cose non tornavano. Un giapponese non si spaventa per un 6.0 e sopratutto la città intorno a lui non smette di funzionare se non per i pochi minuti del sisma.
C'erano insomma un po' troppe incongruenze e la cosa andava approfondita, ma soprattutto io dovevo andare a lavorare prima di perdere il posto per assenteismo...

Arrivato sul posto di lavoro, dopo una visita ad un cliente, ho ricevuto la telefonata di una nostra amica che aveva visto al tg cosa era successo. Entrato in ditta, ancora più allarmato, verso le 9.30 riesco a raggiungere la postazione internet e spulciare altri post su FB. Ciò che ho trovato era molto preoccupante. Di corsa ho aperto tutti i siti d'informazione che conosco e mi sono trovato davanti l'apocalisse.

Terremoto Magnitudo 8.8 (poi rivisto a 9.0) poco lontano dalle coste del Giappone e tsunami con onde fino a 10 mt.

Non sapevo se telefonare a mia moglie per svegliarla, non sapevo cosa fare, avrei voluto telefonare immediatamente in Giappone ma mi rendevo conto che in situazioni del genere i telefoni è meglio lasciarli liberi per chi ha più bisogno. Ho continuato a guardare inerte il Tg.

Poco dopo ricevo una chat da mia moglie, si era svegliata ed allarmata da ciò che aveva letto su twitter aveva iniziato a guardare il tg anche lei.

Quando a fine sera sono tornato a casa, l'ho trovata sconvolta che twittava e contemporaneamente mandava messaggi con Skype. Quando mi ha visto, ancora shockata fra la commozione e l'impotenza mi ha chiesto scusa per "non aver lavorato" ai suoi progetti. Così dopo che l'ho forzata a mangiare qualcosa, insieme abbiamo iniziato a messaggiare tutte le informazioni che riuscivamo a trovare traducendole dove possibile. Ascoltavamo alternativamente i Tg in giapponese, inglese ed italiano e prendevamo più notizie possibili da alcuni siti di riferimento. Non so se abbiamo realmente reso un servizio a qualcuno, ma ci è sembrata, alla distanza di più di 9000 km dall'accaduto, l'unica cosa che potevamo fare. Lei ha continuato fino alle 3 o 4 di notte questo servizio e poi è crollata. Il giorno dopo, sabato, dalle 9 abbiamo ripreso il "lavoro".
Ho tentato di fare le cose che c'erano da fare a casa da solo, visto la sua caparbietà nell'operare su internet.Abbiamo continuato così fino ad adesso.

Abbiamo ancora tutte le immagini del disastro che ci scorrono davanti. Il suono dei lamenti sommessi provenienti dalla popolazione piegata dallo tsunami. L'incessante allarme delle sirene anti-tsunami ed il continuo bip-bip dalla televisione giapponese che ci avverte di un'altra scossa. Ogni volta guardiamo spaventati, ogni volta ci costringiamo a guardare, ogni volta speriamo di non sentirlo più, ma ormai è dentro di noi e anche se sappiamo che è solo il replay di ciò che abbiamo già visto lo riguardiamo per sicurezza di non aver perso niente la prima.

Come dicevo prima è un lavoro estenuante, siamo stanchissimi. Ma nessuno di noi due si vuole veramente riposare, per paura di crollare. Anche adesso che le notizie non si susseguono come all'inizio, che ormai ci sono poche cose ancora da raccontare e che la situazione sta andando verso la stabilità, non vogliamo distogliere lo sguardo, non vogliamo rifiutare di dare una mano, per quanto piccola possa essere.

La verità, forse, è che ci sentiamo in colpa. Amiamo quel paese, lo conosciamo bene, sappiamo come muoverci, ma siamo qui in Italia e non possiamo andare a abbracciare nessuno. Non possiamo sussurrare all'orecchio di nessuno parole confortanti. Non possiamo scaldare col nostro calore il cuore di nessuno dei nostri cari che sono lì.

Ci sentiamo impotenti ma fortunati. E' questa la nostra colpa.

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